I3vle Scrive : " Desidero dedicare queste righe ai miei figli ed a tutti quegli amici, che stressati o impressionati dalle formule matematiche studiate a scuola non riescono a vederle come strumenti per indagare e capire il meraviglioso mondo che ci circonda.  Qualche anno fa, a seguito di una singolare esperienza di lavoro, indagai i fenomeni cui ero stato testimone, riportando in tema quasi scherzoso sul notiziario dell’Ente per cui lavoro, le valutazioni ed i calcoli che a mio avviso spiegavano l’accaduto.
A distanza di tempo, rileggendo il lavoro, lo reputo interessante ed istruttivo per radioamatori ed appassionati di elettronica che vogliono capire e calcolare simili fenomeni elettrostatici .

 

A bordo di un U.F.O.

 

Chiunque abbia letto qualcosa sugli U.F.O. ( Unidentified Flying Object ) non avrà difficoltà a ricordare le misteriose luci che si spostano nel cielo a centinaia di km orari e dopo molti minuti di mirabolanti acrobazie spariscono istantaneamente senza lasciar traccia. Voglio raccontare come una esperienza vissuta in prima persona, possa farmi dire : “in quelle luci quella volta c’eravamo noi”.
Lo spirito è quello di spiegare a piloti e passeggeri, i fenomeni fisici che stanno all’origine di talune manifestazioni naturali talvolta molto appariscenti . Non intendo dire che tutti i fenomeni o gli avvistamenti di UFO abbiano questa origine, né ipotizzare alcunché in merito, l’intento è di analizzare la specifica esperienza alla luce di principi fisici ben consolidati .

L’EVENTO

Dopo una intensa giornata dedicata a controlli di modifiche e manutenzioni a bordo di un Learjet 35A, alle 20,30 di una sera di Ottobre del 1988 ci apprestiamo a lasciare la Germania . L’aeroplano riflette lucido le bianche luci degli hangars della Ditta tedesca che aveva eseguito le manutenzioni . Fuori una leggera pioggia bagna da qualche minuto la pista. Completate le procedure ed i controlli, tra i saluti, saliamo a bordo e dopo un breve rullaggio, decolliamo verso l’Italia . Il volo di rientro sarebbe stato utilizzato per verificare alcuni parametri dell’aeromobile. Così mentre il mio collega è accovacciato tra i due piloti, io in cabina rileggo le note prese durante
la giornata .

Ionizzazione Learjet 35A

Figura 1 - Ionizzazione elettrostatica di un Learjet 35

Veloce il Lear sale attraversando due leggeri strati di nubi che riflettono le “strobe lights” all’interno dell’aereo . La salita continua e non sento più parlare i piloti, assorto nella lettura istintivamente accosto le tendine parasole. Una luce colorata entra violenta dai finestrini. Dopo qualche attimo di smarrimento riapro le tendine e vedo la punta delle estremità alari (tips) circondata da un alone dal verdino al rosa fucsia . Come un palloncino colorato di circa un metro si gonfia ed ondeggia davanti ciascuna tip e si colora con una luminosità crescente. Chiamo il collega per mostrargli il fenomeno e solo allora mi rendo conto del perché di tanto silenzio . I piloti allibiti riescono a fatica a mantenere il controllo degli strumenti, accecati da un enorme bagliore. Infatti, nonostante i parasole abbassati e gli occhiali da sole, la luce violacea che ci avvolge supera di gran lunga l’illuminazione interna e quella degli strumenti . Siamo tutti impressionati dall’enorme palla luminosa che cresce davanti al muso dell’aereo. Dopo diversi minuti di quello spettacolo affascinante ed allo stesso tempo inquietante, intuita la natura del fenomeno di cui eravamo testimoni, chiedo di spegnere il radar, verifico personalmente alcuni strumenti di radio navigazione e torno a sedermi suggerendo al mio collega di allacciare anch’egli ben strette le cinture. Non saprei dire se contemporaneamente al ricongiungersi delle ionizzazioni sulle “tips”, a seguito dell’attraversamento di zone a diversa conducibilità o alla vicinanza di una nube carica diversamente, a trentatremila piedi, dopo circa venti minuti dal decollo, con un forte scossone la luce sparisce lasciandoci nel buio dei cieli dell’Europa centrale.
Un po’ sbalorditi, in un leggero odore di ozono, cerchiamo di spiegarci l’accaduto. Mentalmente comincio a fare conti, sforzandomi per ricordare formule studiate tanto tempo fa all’università . Mi rendo subito conto che le tensioni in gioco sono state enormi e suggerisco ai piloti di verificare insieme con attenzione tutti gli impianti . Sembra tutto regolare . A terra scopriremo che tre scaricatori elettrostatici erano stati completamente fusi nella scarica.

Figura 2 - Learjet 35A - pianta

Figura 3 - Learjet 35A - prospetto

Figura 4 - Learjet 35A - profilo

 

LE CAUSE

Questi i fatti, ma cosa era avvenuto? I fenomeni elettrici nell’atmosfera possono essere molto complessi e ancor oggi non tutti sono completamente noti . La possibile spiegazione di questo caso specifico dal punto di vista fisico si può così riassumere : la lucidatura dell’aeroplano e la cera sulle superfici avevano facilitato l’accumularsi di cariche elettrostatiche sulle punte delle ali e la pioggia che normalmente alle basse quote stende un velo conduttivo riportando il potenziale al valore dell’ambiente non era riuscita a scaricare l’ aereo . L’aeroplano dal punto di vista elettrico può ragionevolmente considerarsi una scatola conduttiva pressoché chiusa. Come é noto, sopra questa scatola vi è un rivestimento protettivo elettricamente isolante di vernici o resine. Lo sfregamento esercitato durante i processi di lucidatura della vernice produce l’accumularsi di cariche elettrostatiche allo stesso modo di un pettine su un panno di lana . Le stesse molecole d’aria strisciando sulla superficie vi trasferiscono parte della carica elettrica acquisita nei moti convettivi e nella ionizzazione da raggi cosmici o ultravioletti . Così l’aeroplano ha accumulato cariche elettrostatiche portando il proprio potenziale a valori altissimi e provocando la ionizzazione delle molecole dell’aria circostante.

 

IL CALCOLO DEL POTENZIALE

Volando in una zona di aria secca magari leggermente carica elettricamente, a 33000 piedi non vi è più umidità poiché la temperatura sfiora i -50 ° C, l’accumularsi di cariche sulla superficie eleva il potenziale V secondo la relazione :
(1)                                                                                           (1)

dove Q è la quantità di carica accumulata in Coulomb e C la capacità elettrica del corpo in Farad .
Si dice infatti che la capacità di un corpo è l’attitudine a trattenere le cariche elettriche.
Il valore di tale capacità dipende da diversi fattori quali la distanza da altri corpi, dal mezzo nel quale esso è immerso, la sua dimensione e la sua forma.

 

E’ stato dimostrato che la capacità di un aeromobile in volo può con buona approssimazione assimilarsi a quella di una sfera di eguale superficie cioè :
                   (2)

Dove C è la capacità in Farad, S aereo la sua superficie in m2, εr la costante dielettrica del mezzo relativa al vuoto (εr =1 per l’aria), εv la costante dielettrica assoluta del vuoto (εv= 10-9 / 36π ) ed r il raggio della sfera equivalente .
Integrando al computer le superfici di un Lear 35 ho calcolato per Saereo circa 160 m2 .



La capacità dell’aeromobile in volo sarà perciò circa :
(3)                   (3)

Per sapere la quantità di carica che può essere immagazzinata dall’aereo dobbiamo calcolare il potenziale massimo che questo può assumere prima di far ionizzare l’aria in prossimità delle punte delle ali . Considerando la curvatura minima dei bordi d’attacco e delle estremità alari di 2 cm si può calcolare il campo elettrico E in prossimità di tali zone particolarmente critiche .

 

La capacità di una sfera con raggio di r = 2 cm. è :
(4)(4)

 

ed il campo elettrico E in prossimità della sua superficie :
(5)(5)

Dati sperimentali hanno mostrato che con E = 30 KVolt /cm inizia la ionizzazione dell’aria .

Sostituendo Q = C V nella precedente relazione si ottiene :
(6)  (6)

Da tale equazione ora si può facilmente ricavare V = 59,4 KVolt, che è il potenziale dell’aereo quando si è innescata la ionizzazione .
L’aria ionizzata è elettricamente conduttiva quindi può essere considerata una estensione della superficie dell’ aereo. La superficie equivalente risulta quindi :

                                                                   (7)

con ovvietà di simboli .

 

Dalle dimensioni del Learjet 35 si può dedurre che tre sfere di uguali dimensioni centrate sul nose e sulle tips possono assumere raggio a=6 m senza interferire tra loro.

 

                                      (8.1)

e

                                    (8.2)

 

Ma aumentando la superficie equivalente dell’aereo aumenta anche la sua capacità C che dalla formula (2) si può ricalcolare come C = 1,22 10-9 = 1.22 nF .

All’aumentare delle dimensioni delle zone ionizzate aumenta anche la curvatura dei bordi d’attacco, quindi per continuare a ionizzare altre molecole d’aria il campo elettrico critico sarà :

(9)(9)

da cui si ricava la quantità di carica massima immagazzinata Q = 12 10-3 Coulomb .

Ancora dalla relazione (1) si può finalmente ricavare il potenziale massimo a cui si è presumibilmente caricato il nostro Learjet
(10)                 (10)

quasi dieci milioni di volts !

 

LA IONIZZAZIONE DELL’ARIA E GLI EFFETTI OTTICI

Indubbiamente impressionante per le nostre dimensioni terrestri ma non per un “fulmine”, tanto è vero che la scarica verso la nuvola prevalentemente di segno opposto ha prodotto solo, per nostra fortuna, la fusione di tre scaricatori statici .
Praticamente più che in un UFO eravamo dentro una di quelle sfere che in un laboratorio di elettrostatica si usano per simulare i fulmini !
Le molecole d’aria ionizzate, cioè con atomi aventi uno o più elettroni mancanti o su orbite a livelli energetici impropri, tendono a tornare in equilibrio energetico, emettendo luce . L’intensità di tale radiazione dipende dal numero delle molecole interessate, mentre il colore della luce emessa è legato al tipo di atomo che ha subìto l’incremento energetico.    L’ energia “e” legata al salto di orbita o alla perdita di un elettrone è riferita alla frequenza della luce emessa  “ f ” dalla relazione

e = h f                                                                      (11)

doveh è la costante di Planck (6,62 10-34 J sec )  ed f”  la frequenza.

Sono proprio questi elettroni liberi che assicurano la conducibilità elettrica , proprio come nelle lampade al neon.   Al variare della quota, dell’inquinamento e dell’umidità dell’aria cambia la composizione e quindi il colore della luce emessa. Nel nostro caso infatti il colore della luce emessa è variato dal verdino al rosa fucsia .
I più attenti lettori potrebbero chiedersi come mai degli scaricatori statici, quelle punte sui bordi d’uscita delle ali il cui compito è proprio di dissipare attraverso il loro piccolo raggio di curvatura le cariche elettriche accumulate, non abbiano funzionato . Alcuni testi giustificano la loro inefficienza in certe situazioni con l’elevato potenziale delle masse d’aria poco prima di un fulmine o col flusso di elettroni che trascinati indietro dalle zone ionizzate neutralizzerebbero le punte disperdenti .
In tal caso i filetti fluidi trascinando sugli scaricatori sciami di elettroni liberi e creando così un ambiente conduttivo, potrebbero cortocircuitarne le punte impedendone il funzionamento .

Figura 5 - Ionizzazione elettrostatica di un Learjet 35A

VISTO DA TERRA

Proviamo ad immaginare come il fenomeno potesse essere visto da terra considerando che l’attraversamento dei leggeri strati di nubi possa aver ulteriormente filtrato o modulato i colori . Le tre sfere luminose viste da un altro aereo o da terra sarebbero apparse in movimento a circa 7 - 800 Km/h. fluttuando contemporaneamente in moto reciproco. Vedere le deboli luci di navigazione dell’aereo dopo un bagliore di quella intensità è difficile per l’occhio umano, né si può udire certo il rumore di un a/m a quella quota . Una tale condizione può quindi facilmente richiamare alla memoria immagini tipiche dei film sugli UFO.
Questo fenomeno in aeronautica è tuttavia abbastanza ricorrente anche se con effetti generalmente meno eclatanti . Molti piloti di linea ne hanno avuto esperienza nella loro carriera .
Tale effetto non è comunque pericoloso per l’incolumità dei passeggeri in quanto la struttura dell’aereo in genere è una efficiente gabbia di Faraday che ci separa elettrostaticamente dal mondo esterno. Gli unici danni che fenomeni di questo tipo possono provocare, in analogia a quanto avviene quando un fulmine investe un aeromobile, sono a carico degli impianti di bordo. Le caratteristiche di progettazione consentono però nella massima parte di tali casi la prosecuzione del volo in condizioni di piena sicurezza .

 

Dott. Ing. Felice C. LABBROZZI  -   I3VLE